Il 6 aprile del 1941 le truppe tedesche, seguite a ruota da quelle italiane e ungheresi, invasero la Jugoslavia. Il regno dei Karađórđević venne distrutto, il suo territorio spartito fra i vincitori.
Seguirono anni terribili. Diciamolo subito: la responsabilità prima dell’inferno in cui precipitò il Paese spetta a chi lo attaccò e scatenò una guerra di tutti contro tutti.
Poi fu il caos: guerra di liberazione contro gli occupatori; guerra civile fra ustašcia croati, četnizi serbi, domobranzi sloveni, partigiani comunisti; guerra rivoluzionaria per la creazione di uno stato socialista, feroci repressioni antipartigiane; sterminio degli ebrei, tentativi genocidari ai danni di popolazioni dell’etnia sbagliata. Davvero, nel museo degli orrori non mancò proprio nulla.
Di quel vortice di violenza, le truppe italiane di stanza nei territori annessi o occupati, non furono semplici spettatrici, ma protagoniste. Si tratta di una delle pagine più buie della nostra storia nazionale, con pochissimi lampi di luce. Per questo è poco conosciuta e si è preferito dimenticarla.
Altri Paesi, come la Germania, hanno mostrato più coraggio nel fare i conti con il proprio passato oscuro. Oggi, dopo ottanta anni, speriamo che finalmente sia venuto il momento giusto. Noi siamo qua per questo.
Una mostra virtuale - Le ragioni
Proporre una mostra fotografica virtuale significa compiere alcune scelte, per favorirne la fruizione anche non in presenza. Abbiamo perciò deciso di costruire ogni pannello su di una combinazione di testi molto brevi, interviste di approfondimento con i maggiori studiosi dell’argomento, una galleria di immagini e, ove possibile, una serie di testimonianze, parte in video, parte in audio. In questo secondo caso troverete a video i relativi testi.
I testi dei pannelli sono puramente descrittivi. Quando le fonti gridano, è bene che gli storici parlino sottovoce.
Dobbiamo inoltre avvisarvi che alcune delle immagini di questa mostra potrebbero urtare la vostra sensibilità, in particolare quelle della sezione VII, pannello 3.
Nell’area interessata dalla mostra erano/sono presenti più lingue, appartenenti allo stesso ceppo slavo meridionale.
Più differenziata la lingua slovena, molto simili (e per lungo tempo unite nel serbo-croato, una delle lingue ufficiali della Jugoslavia socialista) quelle croata, serba, montenegrina, bosniaca.
Nella difficile scelta su quale grafia adottare si è reputato opportuno privilegiare la grafia originale, pur riconoscendo l’esistenza di varie traslitterazioni in italiano.
Nella pagina dei riferimenti è in ogni caso presente una spiegazione di base della pronuncia dei termini più rilevanti.
Pannelli
Una selezione casuale di pannelli per iniziare a scoprire i contenuti della mostra: