Skip to content Skip to footer

A ferro e fuoco.

L’OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-1943

A ferro e fuoco.

   L’OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-1943

4. Prigionieri

In genere, gli italiani fucilano tutti i partigiani prigionieri, anche se catturati senz’armi.
Talvolta attendono le sentenze dei tribunali militari, altre volte no.
Solo in via eccezionale, possono mantenerli in vita per farli oggetto di scambi con prigionieri italiani. In genere, i partigiani fucilano ufficiali e camice nere, non i soldati semplici, che talvolta anche rilasciano. In tal caso i comandi italiani li mettono in quarantena, per verificare che non siano stati “contagiati” ideologicamente.
Da parte italiana gli ostaggi vengono fucilati nella proporzione di 10 per 1. Al riguardo, tristemente celebre diventa a Lubiana la cava di ghiaia (Gramozna jama) presso Tomačevo, lungo la linea del filo spinato.
A differenza dei tedeschi, gli italiani non pubblicano i nomi dei fucilati ma solo il loro numero e il motivo dell’esecuzione: durante l’occupazione vengono così ufficialmente comunicate 145 esecuzioni, ma all’identità delle vittime è stato comunque possibile risalire sulla scorta di altra documentazione.
Secondo il generale Pirzio Biroli invece, gli ostaggi vanno fucilati in ragione di 50 per ogni ufficiale  o soldato ucciso e di 10 per ogni ufficiale o soldato ferito.

«"Altri quattro fucilati nello stesso paese." Quale la ragione? Molto semplice: un'alta personalità del corpo d'armata venne quella mattina, a far visita al colonnello, e lo rimproverò aspramente perché gli parve che agisse con troppa dolcezza. I quattro si attaccavano al collo del cappellano e urlavano come belve ferite a morte. Feci amministrar loro i sacramenti dal parroco locale. Ricorderò sempre l'espressione della sua voce e del suo volto quando mi disse, appena visti i morituri: "Questi?! E non si potrebbe far nulla per salvarli?" Il colonnello mi permise di seppellirli nel cimitero. Triste processione quella sera con le quattro barelle»
Dal diario di don Pietro Brignoli del 19 luglio 1942
«"Si esce per le operazioni." Verso le dieci del mattino la nostra artiglieria e un gruppo di artiglieria alpina aprono un fuoco infernale, da un'altura, su un paesetto nella valle: qualche donna e qualche bambino uccisi: il resto della popolazione fuggita, nei boschi, dove tutti i maschi incontrati dai nostri battaglioni venivano considerati ribelli e trattati di conseguenza. Per fortuna quella gente ha buone gambe»
Dal diario di don Pietro Brignoli del 16 luglio 1942
I ribelli jugoslavi caduti in mano italiana come sono trattati? Sono trattati rispettando le convenzioni internazionali o no?
La morte di Hinko Smrekar e Vida Pregarc, dal documentario Požig (L'incendio), di Majda Širca Ravnikar, sottotitoli italiani a cura di Slovenski klub, RTVSLO, 2020.
Show CommentsClose Comments

95 Comments

Comments are closed.