Nell’autunno del 1944, dopo aver appreso che la Jugoslavia stava raccogliendo prove di accusa contro i criminali di guerra italiani, il governo di Roma iniziò a costruire a sua volta una controdocumentazione. Essa fu finalizzata non a valutare la fondatezza delle accuse jugoslave, ma a raccogliere prove dei crimini commessi da parte jugoslava ai danni degli italiani, con riferimento sia alle violenze contro le forze italiane di occupazione nel periodo 1941-43, sia a quelle perpetrate contro civili e militari italiani dopo il 1943 (le foibe).
Sulla base della controdocumentazione furono stilati due dossier (intitolati Note relative all’occupazione italiana della Jugoslavia e Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943) che furono inviati alle tre grandi potenze occidentali -Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia- per ottenere il loro appoggio politico-diplomatico sulla questione dei criminali di guerra.
Sfruttando la controdocumentazione, l’Italia nel 1946 stilò una lista di criminali di guerra jugoslavi, con in testa il maresciallo Tito e tutti i suoi più stretti collaboratori, fra cui Milovan Gilas e Edvard Kardelj.
Le accuse mosse erano gravissime: sevizie, uccisioni indiscriminate, scempio di cadaveri e, addirittura, cannibalismo.
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